Messina, 23 ottobre
Alessandra Musarra oggi avrebbe compiuto 30 anni se la follia violenta e crudele travestita da “amore” non se la fosse portata via. “Se le lacrime potessero costruire una scala e i ricordi una strada, vorrei camminare fino al cielo e riportarti a casa. Mi manchi tantissimo” questa la frase scritta su un muro nei pressi di casa a cui oggi il padre di Alessandra ha posto un piccolo fiore. Il dolore non si è sopito ed è così che familiari, amici ed anche estranei alla famiglia di Alessandra oggi sono andati a rendere omaggio al suo ricordo nel giorno del suo compleanno mancato. Fiori alla sua porta, quella sbarrata e sigillata dalla Polizia nell’immediatezza della sua morte, una carezza da parte di una nipotina in braccio al padre di Alessandra. Lo strazio, straziato da lettere che giungono a casa dei Musarra e che rimangono urla dal carcere incomprensibili.
Chiede perdono Cristian. Perdono per ciò che lui dice di non aver fatto. “E’ stata la Polizia” scrive. Ma la cosa più grave è COME siano potute uscire da un carcere e giungere fino a casa degli addolorati genitori di Alessandra le lettere di quello che gli inquirenti ritengono sia l’assassino della povera ragazza. Ancora una volta l’amore è una parola abusata? Si indaghi sul come e perché sia stato possibile che queste missive siano arrivate alla famiglia di Alessandra per alla fine turbarne il composto dolore fino adesso sopportato.
LE LETTERE DAL CARCERE