PALERMO, 11 GIU – Una “ipoteca” da 13,5 miliardi di euro sul futuro dei siciliani. A tanto ammonta la massa finanziaria tra disavanzo e debito che graverà almeno fino al 2048 sui contribuenti secondo la commissione d’indagine sul disavanzo che stamani ha consegnato la relazione finale all’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao. Un dato mostruoso quantificato dagli esperti dopo tre mesi d’intenso lavoro su numeri e tabelle, che spiazza persino alcuni addetti ai lavori proprio mentre la Giunta Musumeci ha approvato il rendiconto per l’esercizio 2018 che si chiude con un disavanzo pari a 6,973 miliardi e che ora sarà trasmesso alla Corte dei conti per il giudizio di parifica. Partendo dall’esame dei documenti contabili tra il 2015 e il 2017, la commissione si è spinta in alcune previsioni a tinte fosche.
“I disavanzi vanno esaminati non solo a consuntivo, ma anche in una visione prospettica per le refluenze che avranno sulle future generazioni – scrivono gli esperti – Le modalità con cui recuperare il disavanzo in relazione all’entità rilevante dell’importo incidono inevitabilmente sugli investimenti e producono rilevanti effetti sull’attuazione di politiche finanziarie e fiscali per la crescita in Sicilia”.
“Da questo punto di vista – c’è scritto nelle 70 pagine della relazione – non può non rappresentarsi l’elevato importo che dovrà essere coperto nei futuri esercizi fino al 2048, in base agli attuali piani di copertura, pari a 8.368 milioni di euro”.
“Aggiungendo a tale importo l’ammontare dei disavanzi generati negli esercizi precedenti al 2018, già iscritti in bilancio (4.092 milioni) – scrivono gli esperti – si perviene a un totale dei disavanzi a carico della Regione pari a 12.460 milioni di euro”. E ancora: “Ove all’importo di 8.368 milioni per disavanzi a carico degli esercizi 2018 e seguenti, si volesse aggiungere l’ammontare del debito residuo per mutui e prestiti obbligazionari determinato alla fine dell’esercizio 2017, pari a 5.287 milioni (al netto delle anticipazioni di liquidità), si perverrebbe a un totale complessivo di oneri a carico degli esercizi successivi al 2017, pari a 13.655 milioni di euro, che graverebbe pesantemente sulle future generazioni”.
Per la commissione “il tema dei disavanzi e della loro copertura assume estrema importanza in quanto sottrae risorse al finanziamento delle spese di sviluppo e di funzionamento di un ente pubblico”. La Commissione, composta da specialisti e studiosi indipendenti, ritiene “che nel mandato ricevuto si debba tenere in debito conto che il disavanzo di un ente non si cancella nel tempo e viene trasferito a tutti i cittadini sino a quando non viene coperto”. Per cui “per i rilevanti impatti sulla sostenibilità finanziaria dei prossimi anni della Regione”, la Commissione “auspica che le risultanze dell’indagine possano fornire un quadro chiaro e trasparente delle cause di questa critica situazione”.
Sulla re-imputazione e cancellazione di quasi 11 miliardi di euro di residui attivi fatta dal precedente governo regionale, a cavallo tra la vecchia gestione contabile e quella del decreto legislativo 118 sull’armonizzazione, con la conseguente crescita del disavanzo della Regione siciliana, la commissione ha rilevato alcune anomalie, nonostante non abbia potuto accedere ad alcuni documenti che avrebbero fornito più chiarimenti, come quelli sui residui attivi derivanti da partire tributarie accertate ma mai incassate, in mano alla società Riscossione Sicilia. Si tratta dei cosiddetti “residui attivi da versare” e che riguardano i concessionari: 648 milioni di euro. Nonostante il decreto 118 avesse abolito questi residui, l’ex governo, ha spiegato il presidente della commissione speciale Giovanni Sapienza, nel 2015 li ha re-imputati in bilancio per poi cancellarli due anni dopo.
“Sono crediti o non esistono”, è l’interrogativo aleggiato nel corso della conferenza stampa nell’assessorato all’Economia dove è stato presentato il rapporto della commissione d’indagine. (ANSA).
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