Confermata sentenza di Corte d’Appello di Messina del 2017
ROMA, 27 MAG – Quaranta anni fa, quando quella bambina era nata da una relazione con la sua compagna di allora, lui Francesco C., un siciliano che oggi ha 72 anni, l’aveva riconosciuta e le aveva dato il suo cognome ma poi, per quattro decenni, pur avendo accettato la paternità, era stato un padre “assente” – come lui stesso si è definito – per la figlia Annalaura, dal punto di vista sia economico che morale non facendosi carico nemmeno dei malesseri comportamentali della ragazza.
Contava che il ‘grosso’ lo avrebbe fatto la mamma, con la quale la ragazza viveva. Adesso la Corte di Cassazione, ha stabilito che il padre “assente” – come deciso dalla Corte di Appello di Messina nel 2017 – deve risarcire la figlia ‘dimenticata’ con quasi 67mila euro per danni morali e patrimoniali, compresa la perdita di chance perchè Annalaura, poco supportata, aveva finito per lasciare l’università. Spiega la Suprema Corte, che Francesco C. non è ‘accusato’ di “avere negato alla figlia il sostegno economico da lei richiesto al fine di proseguire gli studi universitari ma, in linea più generale, di non avere correttamente adempiuto ai propri obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della stessa”. “Il che – spiega il verdetto 14382 – ha determinato difficoltà di vario genere nella serenità personale della ragazza e, complessivamente, nello sviluppo della sua personalità, tra le cui ulteriori conseguenze vi è stato anche quello della sua scelta di una anticipata interruzione degli studi”. Secondo i giudici, dal “disagio” morale e materiale vissuto da Annalaura, “sono derivate una serie di ulteriori conseguenze pregiudizievoli, di carattere patrimoniale e non, tra cui la scelta di interrompere anzitempo gli studi“. Cosa che le ha “certamente precluso delle possibilità di realizzazione professionale, con rilievo anche economico”.
Il calcolo del ‘risarcimento’ è stato fatto in via equitativa dagli stessi magistrati, non essendo possibile “dimostrare la sua precisa entità”. Senza successo, il padre ‘inabissato’ si è difeso dicendo che era compito della madre di Annalaura informarlo dei problemi della ragazza, dato che ci viveva insieme.
“La responsabilità e gli obblighi derivanti dal rapporto di filiazione (tra cui quello di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli) gravano su entrambi i genitori, non certo solo su quello convivente e, tanto meno, addirittura, solo su quello più ‘attivamente’ presente“, hanno replicato gli ‘ermellini’.
Cestinata, dunque, la tesi secondo cui, in caso di genitore “assente”, l’altro genitore dovrebbe “diventare l’unico” ad avere l’obbligo di “intervenire tempestivamente” di fronte alle difficoltà dei figli “per porre in essere i rimedi adeguati” ed “evitare” che possano “risentire” dei danni. (Fonte ANSA).