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Droga: clan Mangialupi, condanne in appello ma non per mafia. Reato derubricato ad associazione semplice

- 22/05/2019
tribunale

Messina, 22 maggio 2019

La sentenza d’appello, emessa ieri sera a Messina nel processo “Nemesi-Ninetta” (dai nomi di due operazioni antidroga dei carabinieri, poi unificate) che conta una trentina di imputati, ha derubricato l’associazione mafiosa di Mangialupi ad associazione a delinquere semplice. Lo scrive la Gazzetta del Sud. Inasprite alcune pene, come chiesto dalla procura generale, rideterminate numerose condanne, prescritte altre. Il verdetto è stato emesso dalla seconda sezione presieduta da Maria Celi. L’aver derubricato il reato di mafia in capo al clan Mangiameli ad associazione semplice, ha portato alla prescrizione per Rosario Grillo, Valentino Rizzo, Giuseppe Trischitta, Giuseppe Arena e Benedetto Aspri, ma a loro carico restano il traffico di droga e il reato associativo ad esso finalizzato. Sono 14 i casi di rideterminazione delle pene, con lievi sconti e inasprimenti. Giovanni Lo Duca passa da 12 a 15 anni; Antonino Bonaffini, 20 anni e 10 mesi; Pietro Mazzitello, 10 anni, un mese e 10 giorni; Roberto Parisi, 14 anni e 2 mesi; Giorgio Passari, 10 anni; Rocco Rao, 10 anni; Franco Trovato, 23 anni e 10 mesi; Giuseppe Villari, 7 anni e 25.922 euro di multa; Giuseppe Arena, 12 anni; Benedetto Aspri, 20 anni; Rosario Grillo, 24 anni, 2 mesi e 20 giorni; Tindaro Puglisi, 4 anni e 3 mesi; Valentino Rizzo, 6 anni, un mese e 27 mila euro di multa; Giovanni Lo Duca, 15 anni; Giovanni Merillo, 5 anni e 8 mesi. Condanna confermata a 10 anni, infine, per Carmelo Bonaffini. In relazione alla sentenza di primo grado del 2016 hanno registrato assoluzioni e prescrizioni Santo Caleca, Giuseppe Arena, Gennaro Ragosta. Rispetto alla sentenza del giudice monocratico del 2015 per fatti di droga è arrivata la prescrizione per Franco Trovato, Antonino Giuliano e Salvatore Giuliano. Nel dicembre del 2018, il sostituto procuratore generale Felice Lima aveva chiesto nove inasprimenti di pena e per il resto la conferma della sentenza di primo grado. (ANSA)