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Palermo, 12 maggio 2019
Viene davvero da stropicciarsi gli occhi se si volge lo sguardo alla discografia di Marcus Miller: una carriera solista lunga 35 anni, collaborazioni durature con David Sanborn e Miles Davis, un album con Michael Petrucciani e collaborazioni con personaggi dello spessore di Eric Clapton, Aretha Franklin, Jay-Z, Elton John, George Benson, Herbie Hancock e Wayne Shorter. Ed è solo una piccola percentuale di una lista che sarebbe davvero troppo lunga da riportare per intero. Il 59enne musicista di New York ha messo il suo basso e la sua sapienza musicale (a volte sottoforma di produzione) al servizio di alcuni grandi e questi grandi si sono giovati dell’arte di Marcus.
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Il basso è il suo strumento e in “Laid Black” al centro del villaggio, naturalmente, c’è proprio il basso. Non sono poi molti gli album che ruotano attorno a questo strumento. Solitamente a dettare legge sono chiamati voce e chitarra. Oppure il pianoforte, le programmazioni, in alcuni casi i fiati, ma la sezione ritmica – basso e batteria –, fondamentale per dare solidità all’impalcatura, è difficile che si possa ritagliare spazio sufficiente per farla da protagonista. Solo pochi fenomeni ci riescono, e Marcus Miller lo è.
Nella musica pop è abbastanza raro trovare esempi di questo genere, molto più semplice nel jazz dove il virtuosismo dello strumento ha un peso maggiore e la struttura dei brani risponde ad altre regole. Marcus Miller è sì un jazzista che predilige il sottogenere fusion o quello funk. Ma non è un purista del jazz tout-court perché ha l’ambizione di voler travalicare i fittizi muri che separano i generi e di poter suonare ogni spartito, ben assecondato da una band che ha la sua stessa visione e malleabilità.
“Laid Black” é una lunga suite per lo più strumentale composta da nove brani dalla lunghezza minima, come si conviene, di almeno cinque minuti.
“Laid Black” non è un disco visionario, seminale, difficile, noioso o urticante. Nulla di tutto questo, è un disco godibile di buona fattura. Marcus Miller riesce con la grande classe di cui dispone a far convivere felicemente le mille sfumature di cui sono composti generi musicali all’apparenza dissimili rischiando sì di fare impazzire la maionese ma riuscendo in realtà a rendere più pop e fruibile a un pubblico più largo una musica che altrimenti rischierebbe di essere etichettata come alta, come colta e confinata nel recinto degli ‘iniziati’.
Biglietti posti numerati € 45,00 – 38,00
abbonati Nomos, Catania Jazz, Amici della Musica Palermo e soci Promo-Art € 38,00 – 35,00
presso botteghino del Teatro Golden – via Terrasanta 60
lun-ven 09.30 – 13.30 e 16.30 – 19.30on line su www.diyticket.it e in tutte le ricevitorie Sisal Pay