Messina, 8 marzo 2019 – di Giuseppe Bevacqua
Il dolore si tocca con mano già fuori dalla casa di Alessandra Musarra, la giovane vittima della furia omicida di Cristian Ioppolo. Le grida di dolore, lo sgomento dei parenti, della sorella, del fratello e del padre che si affacciano fuori dalla porta e combattono il proprio dolore e la loro incredulità parlando con la stampa. C’è voglia di ricordare Alessandra com’era, quella ragazza che era silenziosa, che non parlava con nessuno dei suoi problemi, che si teneva tutto dentro e che non ha mai raccontato tutto di quella relazione difficile con Cristian Ioppolo, il suo carnefice della vigilia della festa della donna, che l’ha uccisa.
“Diceva di amarla, che senza di lei non poteva vivere” racconta la sorella tra le lacrime, “non credavamo che potesse arrivare a tanto” dice la cognata, frasi già sentite in casi purtroppo del tutto simili e che si ripetono con drammatica regolarità. La fine della relazione e la furia omicida che scoppia all’improvviso.
Ma quello che maggiormente colpisce e aggiunge dolore alla disperazione è il comportamento di Cristian, quel “caffè preso con mio padre”, dice il fratello di Alessandra, poco prima di aprire quella casa e far entrare il genitore di Alessandra, sapendo perfettamente quel che avrebbe visto. Una crudeltà che non si spiega, che non ha niente a che fare con l’amore, così come l’ira che Ioppolo ha scaricato sul corpo inerme della donna che diceva di amare. E’ così che a Messina, questa giornata della festa della donna si tinge di un profondo nero e del cordoglio per la famiglia di Alessandra.
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