6 Settembre – FONTE nonsprecare.it DI ANTONIO GALDO
VITA DEI RIFIUTI
Un’amica che ha fatto un giro estivo per i parchi americani, mi ha mandato la foto che trovate qui, ripresa all’ingresso di uno di questi meravigliosi luoghi dove il rispetto dell’ambiente non è una stentorea declamazione ma un fatto autentico. Vi suggerisco di stampare questa immagine, riprodurla in qualche modo e farla girare: nelle scuole, nei luoghi pubblici, nelle nostre case.
In uno spazio molto piccolo, diciamo la superfice di un quadro da Arte Povera, è raccolto tutto il problema con il quale dobbiamo fare i conti: quanto i rifiuti ci stanno sommergendo, come nella città immaginata da Italo Calvino, la celebre Leonia, e quanti danni producono, uno per uno. Basta questa immagine, da sola, per capire che cosa possiamo fare tutti, ogni giorno, per uscire dal tunnel e riprenderci la bellezza della nostra vita di comunità.
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TEMPI DI DECOMPOSIZIONE DEI RIFIUTI
Mi colpisce, per esempio, in questa tabella, il danno dai rifiuti tessili. Una cosa che ignoriamo. Un paio di scarpe da ginnastica hanno un tempo di decomposizione da 50 a 80 anni. I calzini non si eliminano prima di 5 anni, e anche le calzature in cuoio presentano tempi biblici per scomparire: da 25 a 40 anni.
Ai vertici della catena dei rifiuti fuori posto, dal punto di vista quantitativo, ci sono due oggetti: imozziconi di sigarette, che hanno il primato, e gli oggetti di plastica. Sui primi c’è poco da aggiungere a quanto pubblicato recentemente dalle statistiche economiche. Nonostante le tante campagne antifumo, e i divieti ormai dappertutto, nel mondo si producono ogni anno 5,6 miliardi di sigarette. E non c’è verso di fare capire i danni che arrivano da un mozzicone abbandonato in una spiaggia o in un giardino e anche in un marciapiede (chi di noi getterebbe a terra, in casa, una cicca di sigaretta?). Nella tabella si presenta un periodo di composizione del filtro che oscilla tra i 10 e i 12 anni, e ciò per il fatto che questi filtri sono fatti di acetato di cellulosa, un particolare tipo di plastica. Ora, se sfregiamo una spiaggia infilando la nostra cicca nella sabbia, dobbiamo sapere che non scomparirà prima di un decennio e quindi, nel frattempo, ne arriveranno altre. E l’integrità della spiaggia è definitivamente compromessa.
RIFIUTI PIÙ DANNOSI
E veniamo alla plastica. Ci sono due immagini nel cartello che bisogna stamparsi in testa. La prima riguarda le bottiglie: notate che in questo caso il tempo di decomposizione è calcolato come “indefinito”, teoricamente eterno, laddove una bottiglia di vetro comunque ha bisogno di 1 milione di anni per scomparire. Poi c’è la foto di sei anelli di plastica, residui di pacchi da imballaggio, quelli che ci perseguitano ogni volta che facciamo un acquisto, anche il più banale. Bene, in questo caso il tempo di decomposizione è di 450 anni. Più di quattro secoli.
Infine, quando bevete qualcosa in un qualsiasi contenitore, considerate i dati che trovate nella tabella a proposito dei diversi tipi di bicchieri. Quelli in polistirolo hanno un tempo “indefinito” di decomposizione (come le bottiglie di plastica), quelli di carta spariscono in 5 anni, mentre una qualsiasi lattina (birra, Coca Cola, aranciata, etc…) per essere eliminata ha bisogno di 80-100 anni.
Alla fine di questo quadro sulla sostenibilità, vista attraverso la lente d’ingrandimento dei rifiuti che produciamo tutti i giorni, gli autori lanciano il loro appello delle 3 R: Ridurre, riusare, riciclare. Vi sembra un programma difficile da realizzare?